27 dicembre ore 21.00 Teatro del Sentino Sassoferrato

LA FIABA DEL VENTO DEL NORD (band edition)

LA FIABA DEL VENTO DEL NORD in una nuovissima veste con il Gruppo Strumentale Città di Sassoferrato diretto dal M° Daniele Quaglia, Coro delle voci bianche di Sassoferrato diretto dal M° Andreina Zatti , Voce cantante Nadia Girolamini , voce narrante Mauro Allegrini 27 dicembre ore 21,00 Teatro del Sentino di Sassoferrato.Potrebbe essere un'immagine raffigurante testo

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante candela e il seguente testo "L'OCCASIONE ERA BELLA Poesie e musica di luce MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE ALLE 21:15 Una seratatra poesie di grandi autori letteratura musica per riflettere tema della luce. Lasciatevi accompagnare questa esperienzasuggestiva! TESTO Danilo Ciccolessi MUSICA Marco Agostinelli VOCE Catia Stazio PRESSO LA CHIESA DELLA B.M.V. DELLA MISERICORDIA di Fabriano INGRESSO GRATUITO"

LA FESTA DELLA MUSICA: CHI CI GUADAGNA

Nata in Francia  nel 1982 la festa della musica ( fete de la Musique)  si  svolge il 21 giugno di ogni anno ed è divenuta una festa per celebrare il solstizio d'estate in musica ormai in più di 120 paesi del mondo.

Il titolo di “Festa” dato nei paesi latini, vorrebbe tradurre il significato originario di festa del Fare Musica ( make Music Day in UK).

Originariamente la festa nasceva in Francia per  pubblicizzare ed affermare una nuova politica della cultura musicale francese, Che invitava cittadini musicisti ed amatori a scendere per le strade e per le piazze e fare musica, promuovendo le esibizioni di gruppi  musicali organizzati, bande Cori, orchestre che si cimentassero per l’intera giornata in esibizioni dal vivo.  Dal suo nascere la festa ha avuto ormai un grande successo in tutto il mondo, Con un notevole coinvolgimento in alcuni paesi degli enti per la gestione collettiva del Diritto d'autore,  delle scuole,  e delle municipalità delle varie città mondiali.

Naturalmente Il coinvolgimento delle scuole varia da paese a paese proprio in virtù dei calendari scolastici: è noto che Francia, Germania, Inghilterra e molti altri paesi dell'Unione Europea hanno un calendario scolastico che in genere termina con l'inizio di luglio. Questo da modo a tutte le scuole  anche quelle ad indirizzo musicale ( medie licei e conservatori) in piene attività di fine anno di essere pienamente coinvolte. In Italia Il coinvolgimento è andato crescendo secondo quello che dichiarano gli organizzatori della festa, ma bisogna notare che i calendari scolastici italiano (e anche quello spagnolo a onor del vero) terminano a metà giugno, e molto spesso i ragazzi italiani sono impegnati negli esami di Stato e riescono a partecipare in maniera assai limitata. Quest'anno la festa cadrà di lunedì, un giorno lavorativo in cui molti studenti sono impegnati con gli esami. Per tale ragione in Italia moltissimi concerti esibizioni avverranno nel giorno precedente.  Il costo i permessi per il diritto d'autore relativi alla musica eseguita  saranno ridotti dalla SIAE del 90% per il 21 giugno,  ma da quanto leggo dal sito rimangono inalterati per il 20. Queste sono le tariffe ordinarie per gli spettacoli gratuiti dal vivo: 

Questo è lo strombazzante comunicato di SIAE, 

Questo è tratto dalle FAQ del SIto ufficiale “FESTA della Musica 21 Giugno”

di cui anche Siae è partner:

Chi paga la SIAE?

La SIAE è a carico dell'organizzatore, quindi spesso delle Amministrazioni Comunali.

Fortunatamente in occasione della Festa della Musica la SIAE applica delle tariffe vantaggiosissime (normalmente con una riduzione del 90% del dovuto solamente per la giornata del 21 giugno) che riescono a limitare la spesa (vedi SIAE sotto il menù "LA FESTA").

 

Gli organizzatori ”spesso i Comuni” ma anche no,  a volte sono anche le piccole associazioni culturali che il più delle volte si autotassano  e fanno volontariato per mandare avanti quel poco di cultura musicale che rimane in un paese dove manca l'attenzione per il livello minimo dell'educazione musicale da parte delle istituzioni, E dove la musica dal vivo è un affare per  quelli che ci fanno cassa, di solito più gli Editori che gli autori...

Spero di sbagliarmi ma come al solito vedo la classica “fregatura” all'italiana, sarà una festa per chi riscuote, compresi i big che faranno i loro megaconcerti, i cosiddetti “soci eccellenti”...

mentre nell’ordinario i piccoli autori fanno sempre la fame, chi suona non guadagna nulla, o poco più, come al solito..

E le scuole Italiane saranno come sempre poco partecipi, e la Musica “spina dorsale dell’educazione” secondo il Ministro Bianchi, sarà in standby, come ormai da troppo tempo nel nostro paese.

Ripartire dalla Musica

Come è noto a tutti quelli che mi conoscono,  non sono un grande estimatore dell'ente monopolista italiano per la gestione collettiva del Diritto d'autore, e non ne faccio parte, ma visto che la sua tentacolare azione, ha condizionato  e continua a condizionare lo spettacolo e la musica nel nostro paese, faccio alcune considerazioni: 

  1. lasciando perdere argomenti di cui ho parlato più diffusamente in questo blog relativi  alla riscossione dei diritti sull'Inno nazionale su autori morti da oltre 100 anni,
  2. oppure l'organizzazione interna di un ente che possiede un enorme patrimonio immobiliare, un ente diviso in soci eccellenti e soci ordinari, 
  3.  il suo collegamento più o meno diretto con le Major,  
  4. un ente in cui la presidenza è stata affidata a una persona poi indagata per evasione fiscale, che grazie al sistema giudiziario italiano, ha goduto della prescrizione,  nonostante avesse dichiarato che “Il compenso esentasse per certe prestazioni fosse un sistema diffuso” 
  5. considerando la legge 633 del 1941 e le sue successive modifiche,  che impediscono una gestione  normale del materiale tutelato da parte delle scuole,  facendo spesso  cassa anche sull'educazione,lontana anni luce dal Fair use del copyright americano,
  6. Lasciando perdere la gestione dei permessi affidata alle Agenzie di zona,  gestite spesso da agenzie di affari che c'entrano con la Musica come un pinguino in Costa d'Avorio, 
  7. lasciando perdere la tardiva informatizzazione del suddetto ente, che ha gestito i programmi musicali per anni attraverso farraginosi documenti cartacei,dal nome francesizzante, che ancora utilizza,  completamente insufficienti e predisposti per l’errore,
  8.  lasciando perdere che la maggior parte dei giovani autori sono stati per anni in perdita pagando all’ente più di quello che riuscivano a guadagnare,  
  9. lasciando perdere che i permessi forfettari a capienza di pubblico costano  spesso più di quello che un singolo musicista riesce a guadagnare,
  10. lasciando perdere le regalie che i vari governi hanno fatto a questo ente, e che lo Stato italiano ha  delegato  il suddetto ente monopolista al controllo fiscale delle associazioni  culturali  e musicali su cui per anni ha fatto cassa
  11.   lasciando perdere che pochissime persone riescono a vivere con i proventi del Diritto d'autore in Italia e che la maggior parte delle persone che lo fanno sono direttamente collegati ai grandi gruppi televisivi mediatici come  Rai,  Mediaset eccetera.
  12. Lasciando perdere la tardiva iniziativa di togliere il costo per l'iscrizione agli autori con meno di 30 anni dopo anni che si chiedeva questo,
  13.  lasciando perdere i palliativi concerti di beneficenza organizzati dall’ente o il suo partenariato in manifestazioni  mediatiche pubbliche  o le  estemporanee  attuazioni dei mercoledì in cui il  permesso per l'esecuzione ai gestori dei locali costava solo €25 simile alla distribuzione una tantum di pacchettini regalo,
  14.  lasciando perdere l'enorme montagna di introiti  avuti negli anni attraverso denari presi da  gestori di manifestazioni come  festival e concerti di musica, antica, medievale,  classica di autori non tutelati,  fatta grazie all'ignoranza dei gestori e alla furbizia delle agenti che spaventavano con lo spauracchio delle multe,  e promettevano che per stare tranquilli era bene pagare il permesso,
  15.  lasciando perdere che il suddetto ente assorbe una cospicua parte delle donazioni e dei biglietti staccati per beneficenza giustificandosi  col fatto che l'autore potrebbe non essere d'accordo con i fini della Beneficenza della manifestazione,
  16. Lasciando perdere lo straguadagno di soci eccellenti  attraverso il cinema, i diritti televisivi a fronte della vendita milioni di copie di media (dischi, mp3, streaming) ,  ma soprattutto passaggi televisivi e radiofonici, e stando o a ciò che ha dichiarato lo stesso ex Presidente ormai dimesso, molti di questi associati  potrebbero aver fatto anche nero.
  17.  lasciando perdere tanti altri fatti  di mala gestione a cui ho assistito attonito in questi anni

Penso che in un periodo di pandemia di chiusura e di intensa sofferenza come questo, in cui la musica e lo spettacolo non hanno guadagnato praticamente nulla, Ora che l’ascolto della musica si e spostato sulle piattaforme social e negli ultimi tempi il sistema  delle visualizzazioni e dei like, unito alla svendita da parte delle Major dei diritti e grandi gruppi di streaming come Spotify o Deezer, ecc. ha reso tanti artisti ancora più deboli economicamente, sarebbe un grande segno da parte di questo Ente:  

  1. Cominciare a ripartire i fondi in modo differente e sospendere il pagamento dei permessi per i gestori dei locali in cui si fa musica dal vivo per un certo periodo, 
  2. sospenderlo alle associazioni culturali che nel tessuto culturale italiano si sono distinte per diffondere la musica dal vivo, pagando gli artisti, su cui il suddetto ente ha guadagnato riconoscendo a questi artisti poche  briciole,  Sarebbe bello far ripartire o meglio partire la macchina della musica dal vivo nel nostro paese  e dare una boccata di vita a molti autori agonizzanti e ad organizzatori senza più lavoro.

Naturalmente ho qualche dubbio  che questo  avvenga. Le rare volte in cui l’ente ha ridotto il suo guadagno ho assistito ad operazioni di facciata, tardive e insufficienti come nei pochi casi che ho già citato sopra..

Ma non parlo per me, come ripeto, io non sono socio di questo ente, ma spesso mi trovo a dover passare per esso anche semplicemente per eseguire le mie opere depositate sotto Copyleft.

A mio modestissimo parere, andrebbe rivisto il ruolo di questa società privata a cui sono state attribuite funzioni di carattere Pubblico. dal mio punto di vista, ma anche quello di molti altri,  in questi anni  questa società stata quella che più ha contribuito all’immobilità e al mancato aiuto del talento autoriale, nel campo musicale, favorendo  con questo sistema i trust dei grandi gruppi mediatici, limitando le possibilità di diffusione della musica live, anche  l’utilizzo dei contenuti al sistema educativo e scolastico con cui i grandi gruppi editoriali hanno fatto cassa.

Il campo principale di questo ente è stato per anni  il pop con cui ha fatto affari lasciando in secondo piano, tutto il campo del musicale in cui l'Italia per cui poteva produrre strumenti non solo di protezione  ma anche di sviluppo,  e il mondo della  Musica in cui il nostro paese poteva essere leader nel mondo, è debolissimo e indebolito economicamente, da un impianto normativo inattuale.

Complice una politica che l’ha legittimata al monopolio del diritto d’autore impedendo qualsiasi forma di concorrenza, che sarebbe stata la cosa più democratica e trasparente: una delle riforme che l’Europa ci ha già chiesto da tempo, ignorata, ed evasa (anche grazie all’attuale Ministro della Cultura), rifugiandosi dietro, giochetti di potere rimandi e ritardi facendo sopravvivere  regolamenti, leggi e leggine costruite intorno a una legge mal scritta del periodo fascista, scritta per l’EIAR e la propaganda di regime e il successo delle canzonette del tempo, riadattata in periodi  relativamente recenti con l’avvento del digitale, con parti inattuali già abrogate da tempo, ma come molte leggi italiane interpretabile a favore dei grandi gruppi di interesse e a sfavore dei piccoli, inattuale, confusa, farraginosa, che andrebbe completamente riscritta.  

Questo paese potrebbe ripartire  dalla Musica, arte alla quale ha dato, in un passato glorioso, ingegni. talenti e geni  che hanno creato generi, forme, linguaggi, su cui si basa oggi tutto il linguaggio musicale  diffuso nel mondo...ma per farlo  deve avere strumenti  normativi validi e moderni, e non dei catafalchi imbiancati, che sono validi solo per mantenere assetti burocratici anacronistici ed inefficienti a promuovere il lavoro del musicista, ma semmai a limitarlo.

Musica di Primavera

Anche se a casa mia oggi nevica, ieri alle 10,37 il il Sole era allo Zenit all'equatore e i suoi raggi cadevano perpendicolari all’asse di rotazione della Terra, e quindi era l’equinozio di Primavera.

Essendo in pieno Lockdown e in zona rossa, non ci rimane  oggi che viaggiare con la mente, esplorando nella storia, musiche dedicate alla primavera in un ordine che possiamo dire cronologico. C’è una  vastità di composizioni dedicate alla primavera, che si possono sfogliare dalla storia della musica d’arte occidentale, così come petali di un fiore, che la creatività dell’uomo ha prodotto in un arco storico di oltre un millennio.

Tutto il Medioevo celebra l’entrata della bella stagione dai Carmina Burana, “Tempus transit gelidum”, ai canti provenzali dei trovieri, “All’Entrada del temps clar”, ma nel campo della musica più “colta” comincerei dalla Ballata “Echo la Primavera” del’ grande Musicista, poeta, filosofo Francesco Landini (1325-1397), in cui i versi delicati ed eleganti, tra stupore onirico e linguaggio immaginifico, sono in simbiosi con una musica fresca e danzante, dalle soluzioni cadenzali originali e raffinate, che ne fanno una delle ballate più belle della storia musicale.

Poi proseguirei con il fortunato malinconico testo del Guarini “O Primavera”, messo in musica da illustri madrigalisti come De Wert (1535-1596), Monteverdi (1565-1658) e Schutz (1585-1672)

Devo dire che, tra i tre, la versione di Claudio Monteverdi nel suo terzo libro dei madrigali è la più degna di attenzione per la sua esplosione “primaverile” del florilegio contrappuntistico della prima sezione, capace di stemperarsi nelle languide e malinconiche armonie della seconda.

Sembra quasi retorico citare il primo concerto delle “Stagioni” nel Cimento dell’armonia e dell’invenzione”,  ma un genio assoluto come Vivaldi, qui autore anche del sonetto,  fu capace di elaborare una retorica musicale e poetica di una potenza immaginativa sconosciuta fino ad allora nella musica strumentale, disegnando una nuova libertà della forma del concerto che preparerà i grandi poemi sinfonici romantici.

Saltando a pie’ pari le Stagioni di Haydn, passerei  a Mozart e al primo dei quartetti dedicati proprio ad Haydn, il n.14 K.387, detto “Primavera” in cui la prorompenza della vitalità dell’ “allegro assai”,fonde insieme livelli di assoluta complessità contrappuntistica e un groove ritmico di incredibile allegria, o il minuetto dagli improbabili cromatismi che forzano fino al limite dell’atonalità. Tutte caratteristiche che ne fanno una delle opere in grado di anticipare il linguaggio di due secoli dopo, rimanendo in una sublime classicità.

Sublime Classicità che prosegue nella meravigliosa sonata in Fa op.24 per violino e pianoforte di Beethoven che successivamente sarà chiamata dagli editori “Primavera”, esattamente come è avvenuto per altri titoli ( Al chiaro di luna, Patetica ecc), nome che forse è motivato dal trattamento melodico del violino che nel primo tempo si alterna alla vitalità ritmica che si intesse col dialogo pianistico in una grande varietà di colori armonici e melodici tutti primaverili.

 

Anche se il romanticismo ha dato un’immagine sonora onirica come nella  sesta romanza senza parole di Mendelssohn Op. 62  “Frühlingslied” o nel trattamento effettistico dello sfondo orchestrale del canto della Primavera della Walkiria di Wagner, questo tipo di retorica trova, secondo me, una dignità sonora e poetica a partire dal preludio orchestrale dei Gurrelieder di Schoenberg nel suo tripudio  di colori orchestrali che suggeriscono un risveglio della natura inquieta e boschiva del poema. 

 

E questo sarà il mio prossimo ascolto

che mi porta dritto alla Sacre du Printemps di Stravinskij, che fa del mistero e dell'inquietudine del risorgere della natura, il tema dei quadri della Russia pagana. Come non suggestionarsi a partire dalla melodia modale del fagotto, nel registro acuto iniziale che costruisce attraverso arcani circoli pentatonici e politonali atmosfere che sfociano in ritmi ostinati orchestrali orgiastici in grado di rappresentare l’oggettività e la spietatezza del sorgere e del morire.

 

A questo punto ripiego sulla danzabilità triste della Primavera Portena dalle 4 stagioni di Astor Piazzolla con il suo fugato e la sua milonga centrale  che riportano la primavera a una dimensione sentimentale. A cento anni dalla sua nascita mi sembra quasi un dovere. 

Da flautista, concluderei con un brano del compositore americano Frank William Becker del 1982, dal titolo Stonehenge, per flauto ed elettronica preregistrata, che con i suoi ritmi circolari e additivi, espressi dalla giaculatoria del flauto su sfondi elettronici, riporta la primavera su un piano mistico nell’osservazione del sole nel sorgere allo Zenit.

E aspettando il sole primaverile buon ascolto e buona rinascita.

10 marzo 2021

Direttore o Direttrice è Sanremo che lo dice

 

Mi riferisco qua al caso di Beatrice Venezi, nota direttrice d'orchestra, che sul palco di Sanremo ha chiesto di essere chiamata direttore anziché direttrice. Nonostante quello che dichiara il presidente dell’Accademia della Crusca che «ognuno ha il diritto di essere chiamato come vuole nell’ambito della pluralità degli usi esistenti nella lingua italiana». E nel caso specifico, «scegliendo la definizione ‘direttore’ Beatrice Venezi ha adoperato un maschile cosiddetto inclusivo o non marcato. Una soluzione tradizionale, ben nota alla lingua italiana e che viene considerata tuttavia come una bestia nera da taluni, perché a loro giudizio non riconosce o occulta gli avanzamenti del dibattito di genere». Vorrei entrare a parziale titolo in questa discussione esprimendo il mio pensiero divergente. Non sono una donna,  e pur essendo un musicista, spesso assumo il ruolo di Direttore di cori e gruppi strumentali allargati. Premetto che non ho una conoscenza profonda del fenomeno di costume che è Sanremo, ma quando posso ascolto, senza commentare o criticare , perché penso che ciò che è legato al costume è segno del tempo che si sta vivendo e per darne uno specifico giudizio bisogna uscire da quel contesto storico per osservarlo con imparzialità e competenza. 

La lingua italiana è specifica ed è una lingua viva e in evoluzione, che mantiene intatti tutti i retaggi col passato, soprattutto con la retorica legata alla figura del femminile che va  da Dante al neo petrarchismo, a Metastasio, andando a Leopardi, percorrendo il linguaggio fino alla poesia del Novecento, da Palazzeschi a Gozzano fino alle avanguardie di Penna e Sanguineti;  una lingua che conserva al suo interno la struttura sociale patriarcale della latinità classica,  inaspritasi dal medioevo feudale dell'Italia, con le guerre tra le Signorie che ha suggerito nella storia, fino agli ultimi due conflitti, una presunta subalternità della donna all'uomo nella società e nella cultura.

Anche il mondo moderno con le sue organizzazioni sociali industriali e aziendali,  nonostante gli sforzi di introdurre nel campo dei diritti civili,  una parità di genere, rimane spesso una cultura radicata, a livello sub-culturale e linguistico, a modelli anacronistici, ma ancora dominanti; una radice culturale che sembra sopravvivere intatta, nonostante molte e geniali donne, sconosciute ai più, abbiano segnato il percorso culturale, scientifico, poetico e linguistico dell'Italia.  

La lingua italiana dicevo è molto specifica e riesce a descrivere, con parole spesso adatte, sfumature circa gli stati d'animo, gli aggettivi e i ruoli dei soggetti, ma in realtà manca nella grammatica il caso del neutro, che nelle lingue antiche, ma anche in quelle anglosassoni, riesce a descrivere  soggetti che siano privi di una personalità. o abbiano un ruolo appunto neutro, nel genere e nel distinguere situazioni in cui operano gli altri soggetti.

Ma veniamo al maschile e femminile.

Nel mondo dell'educazione non si fa nessuna fatica a distinguere il ruolo di educatore e di educatrice,  di professore o di professoressa, come nel mondo dell'Industria è ormai normale definire un imprenditore o un imprenditrice.

Quindi, secondo me,con buona pace del fatto che ognuno è libero di essere chiamato come vuole, parlare di direttore per una donna dicendo che “direttore” (come ha detto qualcuno) descrive il ruolo e non il genere, è un errore di concetto, prima che di forma.

Diciamo che il ruolo di direttore d'orchestra, ruolo relativamente recente nella storia della musica  viene da quello più antico e corporativo del cosiddetto “maestro di cappella” ruolo tipicamente maschile, o come quello dei  “meistersinger”...Non bisogna dimenticare che fino a tutto l’800 le donne, salvo rari casi di figure di nobili, ecclesiastiche  o mogli, o figlie di artisti o musicisti, (Ildegarda di Bingen, Artemisia Gentileschi, Francesca Caccini, Isabella Leonarda, Anna Bon, Maddalena Sirmen Lombardini, fino a Clara Wieck)  nella cultura occidentale non potevano cantare ufficialmente nei cori, nei teatri e suonare nelle orchestre, fino a circa il 1600, e anche molto dopo nel costume corrente e il mondo della musica, soprattutto quella della cosiddetta musica colta,  conserva questo retaggio corporativo dei ruoli maschili, e purtroppo in molti casi, in Italia e non solo, anche nella verticistica amministrativa degli enti musicali. 

Il vero cammino dei diritti civili e dell'emancipazione della figura femminile nella musica nella poesia e nell'arte è cominciato nel primo Novecento a Parigi  prima con alcune figure di primo livello nella musica come  Cécile Chaminade e poi con le avanguardie e la cosiddetta creazione dei gruppi ( il famoso gruppo dei sei del quali faceva parte anche Germaine Tailleferre) E la Francia del ‘900 per la sua Costituzione repubblicana e rivoluzionaria fu il grande centro di emancipazione della figura femminile anche nella musica basti pensare alla compositrice Nadia Boulanger che formò intere generazioni di musicisti e musiciste.

Quindi  anche se, per me ,stracciarsi le vesti a fronte della direttrice Beatrice Venezi che al Festival di Sanremo rivendica l'uso del maschile nel ruolo di direttoriale,risulta un po’ eccessivo, ne condivido appieno  le ragioni da parte di chi lotta ogni giorno per l’affermazione dei diritti civili e della parità di genere (a parità di meriti) in un mondo retrogrado e conservatore,come quello culturale, che purtroppo in Italia è in molti casi gestito da  lobby maschili. Un mondo che si va sempre più indebolendo, che per sopravvivere avrebbe bisogno di un forte rinnovamento, oltre che nell’aspetto formale e linguistico, anche in quello sociale e culturale, soprattutto nella sostanza organizzativa. 

Naturalmente visto a distanza dalla TV, il palco sanremese ci trasmette delle immagini e dei simboli, prima che dei suoni, che sono una sorta di termometro della rappresentazione dell’umano attuale, e nella cultura di massa questa rappresentazione, non fa che convalidare, o rafforzare l’esistente, in tutti i suoi aspetti negativi o positivi. 

Quindi il ruolo iconico della direttrice affermata che chiede il maschile per definire il suo ruolo non è altro che la cartina al tornasole del livello culturale, in senso antropologico, della musica “accademica” o presunta tale nel nostro paese.

Un establishment culturale che spesso si indigna mettendo i puntini sulle”ì” sui particolari, ma che è incapace di vedere le proprie radici riguardando ai propri errori in modo da potersi rinnovare, tutto impegnato a rinnovare il look, senza cambiare il motore. 

Il cammino dei diritti è lungo e faticoso  prima che la lingua ne assorba i progressi, forse passerà ancora del tempo: prima che donne  musiciste si indignino di Venezi a Sanremo bisognerebbe correggere molte topiche della lingua italiana: Una di esse è nell'uso  del plurale maschile in un gruppo esteso di donne anche se ci fosse un solo uomo. Forse mi posso sbagliare,  ma penso che la lingua rappresenti in modo abbastanza chiaro la realtà, e non è cambiando la lingua che si cambiano i fatti, ma semmai il contrario.

20. febbraio 2021

Scuola dell'obbligo: S.O.S. Educazione musicale 

Sono ormai tanti anni che opero nella scuola dell’obbligo come docente di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado e conduco progetti nella scuola primaria per l’educazione musicale e la continuità e il raccordo tra i due ordini di scuola. 

Da decenni, con i miei colleghi, abbiamo elaborato  prove attitudinali per i bambini iscritti all’indirizzo musicale, prove strutturate elaborate e perfezionate negli anni, che fotografano il livello delle potenzialità musicali raggiunto nell’arco della scuola primaria: e devo dire che la situazione di questi ultimi due anni è drammatica.

Sono quasi due anni di blocco dei progetti musicali a causa del COVID19, impedendo di fatto, il suonare e il cantare nelle classi della primaria e della scuola secondaria, 

Mentre i media e i telegiornali, quando parlano di scuola si concentrano sulle scuole superiori e le università, la scuola dell’obbligo rimane sconosciuta ai più: spesso considerata da alcuni genitori come un bimboparking, o da alcuni legislatori come un laboratorio di sperimentazione di modelli didattici per loro nuovi, ma spesso regressivi e fallimentari, la scuola dell’obbligo procede attraverso la buona volontà di tanti insegnanti che adeguano o filtrano tante strategie inutili e a volte dannose, normate spesso da chi  la scuola non la conosce affatto, lavorare nella scuola oggi è scomodo, difficile e poco remunerativo.

Nell’educazione musicale, in periodo pandemico  in molti casi si sono considerate le attività nei conservatori e nei licei musicali, elaborando protocolli e adozione di materiali e strategie (dal Plexiglass alle strategie di contenimento e  distanziamento) mentre si è trattata l’educazione nella scuola dell’obbligo come una cosa di cui si può fare tranquillamente a meno, per il momento.

Nei vari decreti e leggine con note di aggiornamento, sono mancate nella nostra regione, come mi risulta  in tante altre regioni italiane, delle linee guida chiare per l’educazione musicale, mentre ne è stata prodotta una blanda e farraginosa per l’educazione fisica.

L'arte della musica l'unica che attraverso un approccio ludico, e un rapporto dialogico. interattivo, interpersonale e di gruppo potenzia, la memoria, la sequenzialità, la logica, il calcolo, l'intelligenza, è  ormai praticamente quasi assente dalle nostre scuole primarie. 

Tutti pensano ai conservatori, all'università e ai massimi sistemi, ma la formazione di base è gravemente minata. E pagheremo a caro prezzo i risultati di questa incuria.

Il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria è un cambio di passo che la sperimentazione didattica e le varie riforme hanno completamente trascurato; due sistemi diversi senza un raccordo valido a livello educativo che lascia irrisolti tanti problemi che possono costituire in un periodo pandemico come questo veri e propri traumi per i giovani alunni .

La scuola secondaria è ormai standardizzata da anni nei suoi “ristori” che a volte si configurano come dei veri e propri palliativi al recupero di varie problematiche: sostegni, recuperi, Pei, sportelli psicologici, consultori, supporti esterni,  il più delle volte insufficienti, per questioni economiche, nel personale o nel numero delle  ore impiegate, talora tardivi e inadeguati,.A me personalmente, (ma sarei contento di sbagliarmi), sembrano per la maggior impotenti a far fronte a questo disastro educativo.

La DAD ha tolto la risposta in tempo reale, ma anche il dialogo musicale che rende attivi  e reattivi i bambini. Le tecnologie impiegate, che dovrebbero diminuire le distanze, ne hanno aperte altre nel “digital divide” e nell’inadeguatezza di infrastrutture software a cui le scuole pubbliche si legano e che dovrebbero invece evitare.

La scuola primaria sta producendo bambini sempre meno musicali, meno capaci di intonare, di segnare ritmi e tempi, di ricordare brevi sequenze, sempre più scoordinati, con basse potenzialità intellettive, ma anche affettive.

E la musica come attività espressiva inclusiva è capace, come poche attività, di  abbattere distanze sociali e psichiche  e curare la mente e “lo spirito” ben oltre qualsiasi sportello psicologico o servizio sociale. Stiamo producendo persone incapaci di vivere la complessità del mondo. E bisognerebbe fare qualcosa.. 

È arrivato "campo di fave"

Il 16 dicembre del 1770 cioè appena 250 anni fa, nasceva uno dei più grandi geni che la storia della musica abbia consegnato all'umanità. Ludwig van Beethoven rivoluzionò completamente la grammatica musicale e compositiva del suo tempo, facendo implodere le forme classiche, aumentandone le dimensioni in ogni senso: organico, temporale, timbrico, sintattico. Fu una figura in qualche modo anticonvenzionale, erede del classicismo di Haydn e Mozart, che proiettó verso territori che sondano il futuro musicale, con esperienze che poi si svilupperanno nel 900 è che ancora oggi rappresentano un modello artistico futuribile. Nonostante la quasi completa sordità che lo colpì in giovane età, le opere di Beethoven ancora parlano alle orecchie alla mente e al cuore degli uomini. Vissuto in una fase cruciale del cambiamento all'età moderna, il suo apporto rivoluzionario fu inizialmente incompreso dai suoi contemporanei, ma la potenza del suo genio e del suo messaggio non tardò ad arrivare, quando egli stesso era in vita, divenendo un nuovo modello musicale ed artistico, riuscendo a cambiare la sintassi e la dimensione dell'Opera musicale. La portata della sua opera nella musica del suo tempo e in quella successiva fu di dimensioni incalcolabili. E la sua idea di unione universale lo fa uno degli ispiratori dell'idea di una cultura europea proiettata nel universalità dell'umano ben espressi negli ideali rivoluzionari di "Libertè, egalitè, fraternitè". La traduzione letterale del suo cognome è "campo di fave" tanto è vero che rimane un detto o proverbio italiano "è arrivato campo di fave" che In modo ironico, sta ad indicare una persona che vuole cambiare improvvisamente le regole del gioco. Le sue opere rivoluzionarie, furono composte in modo del tutto nuovo attraverso lo sviluppo di singole cellule tematiche che nella loro proliferazione creano tensioni ed distensioni del discorso musicale. Un esempio mirabile è la sua celeberrima quinta sinfonia di cui ci rimane il libro di appunti, pieno di soluzioni ripensamenti, parti aggiunte cancellate per ottenere un equilibrio perfetto della forma, che in quanto a numero di pagine superano cinque volte l'opera stessa. Idealista e personaggio difficile, isolato e contraddittorio nei suoi comportamenti,  seguendo ideali nobili di libertà e giustizia, dimenticò spesso di rapportarsi in maniera conveniente con le convenzioni e le situazioni del suo tempo. Per sua stessa ammissione il suo ideale pubblico di destinazione delle sue opere, non era quello dei teatri, o quello dei committenti, ma il pubblico dell'umanità. Rispetto ai sinfonisti del suo tempo, le opere di Beethoven hanno una difficoltà di esecuzione di cui gli ascoltatori moderni non si rendono più conto, soprattutto perché le sue opere oggi sono in larga parte, eseguite attraverso strumenti moderni. ma per esperienza personale, posso affermare che le opere di Beethoven eseguite con strumenti del suo tempo risultano assai ardue, ma nel contempo acquistano quella tensione rivoluzionaria e romantica, che molte esecuzioni odierne su strumenti moderni, tendono  a "classicizzare" e a volte ad edulcorare. Sebbene la maggior parte delle sue opere siano scritte in modo preciso ed inequivocabile, (dai i numeri di metronomo hai segni dinamici accurati sulle partiture), ancora dopo 250 anni le opere di Beethoven sono soggette a interpretazioni, che dimostrano le idee vive e universali che pulsano ancora al loro interno, che consegnano all'umanità attuale quegli ideali di giustizia, solidarietà e amore universale che ancora gli uomini aspettano. 

Concorsi Medioevali

 Il medioevo con la nostra epoca ha tanti punti in comune: i cambiamenti socio-economici, le migrazioni, la differenza tra ricchezze e povertà, la violenza, le pandemie, la decadenza dei vecchi modelli culturali, le competizioni.  Da musicista non posso non notare l’abbondanza dei concorsi e delle competizioni che affollano i media di oggi, tanti Talent show, che presieduti da giurie composte da famosi cantanti, attori, presentatori, e altro, che giudicano molti giovani replicanti, imitatori e cantanti che,  si conformano ai canoni della bellezza ideale del pop, dello starsystem, sperando di “sfondare” nel mondo del successo televisivo e dei media.Anche dalla fine del ‘300 tutta la tradizione dei trovatori e dei trovieri fu imitata dai Minnesanger la cui arte fu poi cristallizzata dai cosiddetti Meistersinger. La somiglianza con le pseudo-accademie, e le squadre alla ricerca dell’Xfactor nei cantanti e nei gruppi musicali d’oggi è sorprendente: Le riunioni dei Meistersinger  a Norimberga al Rathaus tanto celebrate da Wagner nell’omonima opera, con le loro competizioni dette Schulsingen , le loro giurie, i loro premi in denaro, le loro esclusioni, il loro annotare i difetti nella prosodia, nelle rime, nell’aderenza al significato, alla maestria tecnica nel canto e nell’accompagnamento, ha degli enormi parallelismi  con le giurie di Amici o XFactor o le Mogol Academy… La poesia di Meistersinger ha avuto un ruolo importante nella Germania del XV e XVI secolo. La tradizione spesso rafforzava i valori borghesi tedeschi; in quanto tale, era arte popolare della classe media piuttosto che arte alta. Il " Meistergesang " culminò nel XVI secolo e declinò poco dopo. Si verifica qualcosa di molto simile nel mondo della musica d’oggi: concorsi, competizioni, con giurie e concorrenti e premi d’ogni genere.  Credo che prima o poi  tutto questo disquisire sul modo corretto di interpretare o di cantare una canzone di Modugno o piuttosto degli Heart Wind and fire, di Laura Pausini  o di Stevie Wonder, possa portare rapidamente al declino del genere della canzone  pop, che ha costituito una fetta importante del mercato intorno alla musica, e in parte ancora lo è.  Molti giudici, sempre più incompetenti in materia musicale, giudicano oggi chi fa musica, e soprattutto chi canta che è costretto, per emergere, a replicare cliché della canzone mainstream, e provare ad essere “sensazionale” non più con la musica, ma con il look, gli effetti speciali i videoclip, con il portare al pubblico le trasgressioni, i corpi tatuati, e le capigliature dipinte di verde, rosa e blu, ormai quasi tutti simili, i sogni e i desideri delle loro povere vite private,  svendere le loro emozioni più intime e le proprie lacrime per qualche applauso spessosimulato e programmato, venire severamente redarguito con ramanzine e reprimenda pseudo-educativi da giurati che essi stessi, magari famosi discografici, non sanno cantare e hanno l’unico pregio di essere famosi, “arrivati”, ed essere VIP del mondo dello spettacolo.  E nella TV Italiana insieme ai talent già sopracitati si aggiungono: Ti lascio una canzone, Italia's Got Talent, Mettiamoci all'opera, Io canto, Star Academy, MTV Spit, Punto su di te!, Tale e Quale Show, The Winner Is, The Voice of Italy, La pista, per citare solo quelli canori ai quali dobbiamo aggiungere quelli di talenti vari, da Ballando sotto le stelle fino alle mega gare culinarie o ai talenti da corrida. Tutti con i dovuti distinguo, certi migliori degli altri, certi peggiori, ma tutti accomunati da un solo format che è la gara, il primeggiare l’uno sull’altro, l’esaltazione della “esecuzione” o peggio l’esaltazione di “ciò che piace” a qualcuno, come la via maestra da seguire. La via per avere soldi, successo, visibilità che sono un orizzonte apparentemente grande, ma in realtà molto limitato per un vero artista. E così spesso il linguaggio musicale si conforma a ciò che va di moda al momento: dalle quantità industriali di autotune, agli insignificanti testi cantati in lingua slang, al rap biascicato,che diventano terreno di scontro tra i concorrenti e discussioni tra i giurati. L’effetto innanzi tutto, il contenuto sempre rigorosamente in secondo piano, il sonoro da sé non basta più e deve essere nel format accompagnato da ingegneria luminosa, danza, proiezioni ... Tutti valori estranei o quantomeno secondari, di fatto, all’arte dei grandi musicisti, spesso fatta di ascolto, di creatività, di inclusione, di dialogo, di passione, amore incondizionato, collaborazione, solidarietà, di gratuità, di grandi sconfitte, e grandi sogni, di incessante ricerca della propria espressione,  di rigore autoimposto al di fuori delle convenienze, incurante dell’audience, del like, dei numeri, delle copie vendute, degli incassi al botteghino.  Forse dipende anche dal declino economico e sociale  della borghesia e della classe media che sta avvenendo in tutto l’occidente, ma queste forme di spettacolo, prevalentemente televisivo, sempre più scadenti nella proposta e sempre più trash, rappresentano al meglio il vuoto, sempre più grande, che ci circonda, in cui c’è un’esaltazione di una modernità, memore ormai solo del suo passato prossimo, e incapace di visione di un futuro che includa l’incertezza, l’inaspettato, l’errore, il dubbio, la ricerca. Ed eccoci qua nel nostro Medioevo musicale del terzo millennio, con i suoi inquisitori e suoi inquisiti, con i suoi giudici che provano a educare e a orientare i giovani verso uno starsystem oramai agli sgoccioli, quasi a voler mascherare la paura e l'incertezza del domani, provando a fermare un futuro che presto non si potrà più controllare...

 

Antifona a Santa Cecilia

Come e perché la Vergine e martire protocristiana Cecilia divenne patrona della musica, resta ancora oggi oggetto di discussione. Certamente il culto di Santa Cecilia è uno dei più importanti, viene celebrato da cattolici e ortodossi, e ad esclusione della Vergine Maria, Cecilia è una delle sette Sante il cui nome è citato nel canone della messa latina. 

Come spesso succede nella storia del Cristianesimo, molte storie agiografiche si perdono nei racconti leggendari, e i culti medievali  e le liturgie successive sono il risultato di errate interpretazioni dei frammenti delle cronache rimaste.

La storia, o la leggenda vuole che Cecilia, nobile vergine romana, dopo aver abbracciato il cristianesimo, insieme al suo promesso sposo Valeriano e i suoi parenti,  non solo vide la loro tortura ma dopo il loro rifiuto all’abiura,  assistette alla loro  decapitazione... Anch’essa, sotto tortura, fu spinta ad abiurare il cristianesimo, e visto il suo diniego, fu condannata,alla pena del calidarium, (con morte per asfissia), secondo la leggenda, questa pena fu convertita nella decapitazione perché, sembra che  Cecilia sopravvivesse ancora, e dopo tre giorni, il boia le inflisse i celebri tre “colpi legali.  Alla sua morte Papa Urbano primo, che la convertì al cristianesimo le dette sepoltura nelle catacombe di San Callisto. La leggenda Aurea racconta che invece Urbano primo seppellì il corpo di Cecilia tra i vescovi e consacrò la casa di Cecilia trasformandola in una chiesa.

 La Liturgia  del 22 novembre ricorda la santa nell'antifona di introito alla messa: Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar,

La traduzione potrebbe essere “mentre si cantava accompagnandosi con gli strumenti musicali la Vergine Cecilia cantava nel suo cuore dicendo: " O Signore fa il mio cuore il mio corpo immacolati in modo che io non sia confusa..”

L'ambientazione potrebbe essere quella di un banchetto nuziale dove mentre si suonavano gli strumenti musicali profani in segno di festa Cecilia interiormente cantava le lodi a Dio.

Molte interpretazioni letterarie ed iconografiche travisarono questa ambientazione,  attribuendo a Cecilia stessa il suono degli strumenti (Organis dal greco organon=strumento), tanto che nelle raffigurazioni dal Medioevo in poi la Martire viene rappresentata  nell'atto di suonare un piccolo organo portativo.

In realtà al tempo di Cecilia l'organo, o meglio l'Hydraulos,  era uno strumento dal suono fragoroso, usato per incitare i combattimenti circensi, nei quali combattevano i gladiatori e i cristiani venivano messi a morte.  È proprio per questo che per lungo tempo il cristianesimo  considerò la musica vocale come la musica ufficiale del culto,  e ufficialmente gli strumenti rientrarono poco prima  della Controriforma nel 1480,  mentre ufficiosamente già dalla fine del Medioevo l'organo divenne lo strumento principale del Cristianesimo occidentale trovando posto nelle  cantorie delle chiese; può sembrare paradossale, quindi, come lo strumento pagano per eccellenza divenne poi lo strumento più spirituale del cristianesimo, ma si sa, la storia è disseminata di questi casi..

I codici più antichi invece riportano un'altra versione della antifona, in cui al posto di cantantibus o canentibus  troviamo invece cadentibus organis, e cioè gli strumenti non sarebbero affatto gli strumenti musicali, ma gli strumenti incandescenti di tortura che venivano abbandonati dai torturatori per avviare Cecilia alla  Pena del calidarium e alla successiva decapitazione.

Dal periodo medievale e poi avanti nei secoli, si  vide l’ascesa di Cecilia come patrona della musica e numerosi nella storia sono numerosi e importanti gli omaggi che vennero fatti dai compositori alla Patrona della musica:

Purcell, Haendel Haydn,  fino al 900 con le cantate di Britten, Magle, Arvo Part. Ma io vorrei ricordare l’antifona semplice e profonda composta dal mio amico Giorgio Spacca (1958-2017) che fu un grande compositore, direttore e arrangiatore. 

Giorgio la  compose, su commissione della Diocesi della propria città per unire insieme tutti i gruppi corali dilettantistici e non in occasione della festività di Santa Cecilia. Una polifonia semplice, quasi omoritmica in cui l’armonia apparentemente tonale si allarga verso risonanze siderali quasi alluse, sottintese, quasi ad augurare un futuro di bellezza che deve ancora realizzarsi....

Bach e l'orizzonte della complessità

L'enorme e ormai planetaria fama di Johann Sebastian Bach, era assai limitata al suo tempo, era conosciuto in Germania come un grande virtuoso dell'organo, un uomo di cultura, un grande insegnante ma nulla di più... la sua straordinaria scienza musicale non era considerata come un arricchimento dello stile del suo tempo, ma come un prodotto artefatto, cervellotico e complesso.

Johann Adolph Scheibe (1708-1776) fece  Bach  oggetto delle sue critiche, in un libretto dal titolo “Considerazione sull'essenza di Odi o Lieder”, dove si legge: «Vi sono alcuni grandi Spiriti che trovano disgustosa perfino la parola canzone; costoro, quando vogliono parlare di un pezzo di musica che non sia scritto in modo ampolloso e ingarbugliato, lo chiamano canzone». Pur non citando direttamente Bach, il riferimento è palese anche perché Scheibe rimproverò in un'altro scritto a Bach di essere "ampolloso e innaturale" criticandone soprattutto la complessità esecutiva e la mancanza di naturalezza:  "Chiede ai cantanti di riuscire a fare con la voce tutto quello che egli suona con la tastiera." Scheibe conclude dicendo che  "Le composizioni di Johann Sebastian Bach sono prive di bellezza, di armonia e di chiarezza di melodia." Pur riconoscendo a Bach una sapienza "virtuosistica", per pochi, lo si attaccava sui parametri del gusto, dell'eleganza e della comprensione da parte del pubblico.

Ci troviamo di fronte a un atteggiamento che si ripeterà nella storia, per con Beethoven, e tanti altri geni del 900 che pur riuscendo a condividere con il pubblico del loro tempo parte delle loro ricerche e avanzamenti armonici, melodici e formali, essendo già proiettati verso il futuro in una prospettiva di conoscenza scientifica elaborarono nuove sintassidel linguaggio musicale attraverso la fusione della stilistica del passato con quella del presente, distanziandosi così tanto dal gusto corrente del loro tempo, da essere considerati dei pazzi, degli snob o delle persone che vivevano al di fuori degli schemi.

Bach è oggi un classico, un modello indiscusso di estetica, di sapienza, di architettura formale, di espressione della profondità in musica, in cui semplicità e complessità si integrano in un'unica dimensione udibile. Il dominio della complessità ha sempre terrorizzato i conservatori, che oggi considerano modello estetico ciò che i loro predecessori avevano bollato come brutto.

Ma l'accettazione della complessità e il convivere con essa rimane una delle grandi sfide dell'umano e una frontiera ancora all'orizzonte.

04/04/2020

Un Abbraccio

A quanti frequentano questo sito, in questo periodo così difficile vorrei augurare buona fortuna, spero che la musica aiuti tutti in un modo o nell'altro a trovare quell'equilibrio che serve per affrontare le difficili sfide che l'esistenza ci pone davanti. 

 

In particolare mi sento vicino a tutti quei musicisti e quegli artisti che vivono attraverso le loro performance artistiche, e che ora sono confinati nelle loro abitazioni senza poter lavorare... A tutti loro va il mio grande abbraccio, con la speranza di poter tornare tutti a fare Musica portando la bellezza, ognuno a suo modo, nella vita quotidiana di tutti gli uomini.

A hug

To those who visit this site, in this difficult period I would like to wish good luck, I hope that music will help everyone in one way or another to find the balance that is needed to face the difficult challenges that existence places before us.

 

In particular, I feel close to all those musicians and artists who live through their artistic performances, and who are now confined to their homes without being able to work ... To all of them goes my big hug, with the hope of being able to return all to make music by bringing beauty, each in its own way, into the daily life of all men.


La luce della musica

Da Stevie Wonder a Ray Charles, da Roland Kirk a Moon Dog, a Lenny Tristano, Art Tatum, Josè Feliciano grandissimi musicisti non vedenti costellano la storia della musica moderna… Forse anche la maggiore sensibilità sociale del mondo contemporaneo ha favorito il percorso di questi grandi musicisti. Ma nel passato le figure dei cantori o dei musicisti non vedenti si confondono tra realtà e leggenda : basti pensare all’aedo Omero o all’arpista irish ‘O Carolan...Ma c’e un musicista olandese, nonché organista, flautista, che fu la massima autorità nel suo tempo come esecutore di concerti al carillon di campane, su cui abbiamo informazioni assai dettagliate: Jacob van Eyck non vedente dalla nascita,  nacque da una nobile famiglia nella città di Heusden. Nel 1625 si trasferì a Utrecht dove divenne direttore del concerto di campane della cattedrale. Ammirato da scienziati come Cartesio, Isaac Beeckman per  le sue notevoli conoscenze di acustica e nell’esercizio dell’arte di suonare le campane, fu modello e riferimento per i più insigni suonatori di concerti di campane che vennero ad imparare alla sua scuola. 

Jacob van Eyck fu soprattutto un flautista , e l’opera che lo rese noto ai posteri e ai suoi contemporanei fu  Der Fluyten Lust-hof  (Il giardino di delizie del flauto), una specie di trattato teorico-pratico sulla diminuzione,una vasta raccolta di circa 150 pezzi per flauto dolce soprano o traverso in sol. Il municipio di Utrecht accordò a van Eyck un'indennità speciale per l'assistenza di cui era bisognoso come non vedente, ma in cambio pretese che egli allietasse i cittadini che passeggiavano nel pomeriggio, nei giardini della Cattedrale, eseguendo musica con il flauto. Così Van Eyck scrisse questi brani che sono sicuramente il risultato di improvvisazioni eseguite all’impronta e successivamente riportate sulla carta. L’importanza di questa raccolta non è data solo dalla didattica, intorno alla pratica dell’improvvisazione o della variazione, ma è  anche dall’ampio spettro di composizioni, di generi, forme e stili in voga al suo tempo, utilizzati come materiali per le diminuzioni: si va dai Salmi protestanti (ad esempio il 150 nell’intonazione di Lois De Bourgeois) a brani di carattere improvvisativo (Fantasia & echo) alle arie famose del giovane recitar cantando, da poco nato, (Amarilli mia bella di Giulio Caccini), o altre Ayres inglesi famose come  Come again  e  Flow my tears (Pavana lachrymae)  di John Dowland, danze e canzoni popolari,  una "Battaglia" (come nel coevo trattato inedito il Dolcimelo di un anonimo Virgiliano ) e arie famose nell’Europa dell’epoca come Doen Daphne d'over schoone Maeght o anche Questa dolce sirena, Engels nachtegaeltje. Per ogni brano, la melodia è seguita da variazioni, basate sulla tecnica della diminuzione, che diventano sempre più veloci. La raccolta venne dedicata all'importante statista olandese Constantijn Huygens.

Edizioni di questo suo trattato vennero pubblicate nel 1644, 1646, 1649, 1654, e 1656. Ancora oggi questi pezzi sono eseguiti nel repertorio dei virtuosi di flauto dolce, compreso il compianto Frans Bruggen, che ne diede esecuzioni stupende e fantasiose, che esaltano il genio di questo flautista del passato. Forse per "vedere" la Musica non c'è bisogno della vista, o forse sono proprio il senso del suono e dello spazio a formare le immagini...

Anche io ho avuto tra i miei maestri un insegnante non vedente che mi ha illuminato con la luce della musica, che a volte riesce a farci sentire e vedere al di là delle cose.

 

09. November 2019

 

The light of music

From Stevie Wonder to Ray Charles, from Roland Kirk to Moon Dog, to Lenny Tristano, Art Tatum, Josè Feliciano great blind musicians dot the history of modern music ... Perhaps even the greater social sensitivity of the contemporary world has favored the path of these great musicians. But in the past the figures of the blind singers or musicians merge between reality and legend: just think of the aedo Omero or the irish harpist 'O Carolan ... But there is a Dutch musician, as well as an organist, flutist, who he was the highest authority in his time as a performer of carillon concerts of bells, on which we have very detailed information: Jacob van Eyck, blind from birth, was born of a noble family in the city of Heusden. In 1625 he moved to Utrecht where he became director of the cathedral bell concert. Admired by scientists like Descartes, Isaac Beeckman for his remarkable knowledge of acoustics and the art of ringing bells, was a model and reference for the most famous concert bell players who came to learn at his school. Jacob van Eyck was above all a flutist, and the work that made him known to posterity and his contemporaries was Der Fluyten Lust-hof (The garden of delights of the flute), a kind of theoretical-practical treatise on diminution, a vast collection of about 150 pieces for soprano recorder or traverse in sol. The municipality of Utrecht granted van Eyck a special allowance for the assistance of which he was in need as a blind person, but in exchange he demanded that he cheer the citizens who walked in the afternoon in the gardens of the Cathedral, performing music with the flute. Thus Van Eyck wrote these passages which are surely the result of improvisations performed at the imprint and subsequently reported on the paper. The importance of this collection is not given only by the didactics, around the practice of improvisation or variation, but it is also from the wide spectrum of compositions, genres, forms and styles in vogue at the time, used as materials for the decreases: ranging from the Protestant Psalms (for example the 150 in the intonation of Lois De Bourgeois) to improvised pieces (Fantasia & echo) to the famous airs of the young recitar cantando, recently born, (Amarilli mia bella by Giulio Caccini) , or other famous English Ayres like John Dowland's Come again and Flow my tears (Pavana lachrymae), dances and folk songs, a "Battle" (as in the contemporary treatise Dolcimelo by an anonymous Virgilian) and famous arias in the Europe of era like Doen Daphne d'over schoone Maeght or even this sweet mermaid, Engels nachtegaeltje. For each song, the melody is followed by variations, based on the technique of decrease, which become faster and faster. The collection was dedicated to the important Dutch statesman Constantijn Huygens.

 

Editions of this treatise were published in 1644, 1646, 1649, 1654, and 1656. Even today these pieces are performed in the repertoire of recorder virtuosos, including the late Frans Bruggen, who gave wonderful and imaginative performances, which exalt the genius of this flute player of the past. Perhaps to "see" Music there is no need for sight, or perhaps it is precisely the sense of sound and space that forms images ...

 

I also had a blind teacher among my teachers who enlightened me with the light of music, which sometimes manages to make us feel and see beyond things.


L'eliminazione progressiva dell'educazione musicale in Italia

Ecco quanto è scritto nel “Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione” (Allegato A del D. Lgs. 226/05):

“L'asse dei linguaggi ha l'obiettivo di far acquisire allo studente (...) la conoscenza e la fruizione di molteplici forme espressive non verbali”.“L'integrazione fra i diversi linguaggi costituisce strumento fondamentale per acquisire nuove conoscenze e interpretare la realtà in modo autonomo”.

ed ecco cio che è scritto nell'allegato tecnico dal D.M. 139/07 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di istruzione”:

“A conclusione dell'obbligo di istruzione sono indispensabili la conoscenza degli elementi fondamentali per la lettura/ascolto delle opere musicali e delle principali forme di espressione artistica”.

Purtroppo le belle parole confliggono con la realtà, infatti, già con quest'anno scolastico in corso, ad esclusione dei licei coreutici e musicali la musica sparirà completamente dai piani di studio della scuola superiore.

Come è noto con i regolamenti di riordino della secondaria di II grado della Gelmini, l'insegnamento della musica, escludendo ovviamente il Liceo musicale e coreutico, è stato previsto unicamente nell'istruzione professionale, settore servizi, indirizzo “servizi socio-sanitari” al secondo anno per 2 ore settimanali, di cui 1 in compresenza con un docente tecnico pratico.

Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento di riordino in applicazione della Legge 107/15 (D. Lgs. 61/17) anche  quest'ultimo residuo di educazione musicale, sparirà dai nuovi piani orari. E anche specifica classe di concorso, A-29, a partire dall’a.s. 2019/2020, sarà un ricordo.

E finalmente giungono a compimento le Berlusconiane riforme della Pubblica (D)istruzione della musica nella scuola, da Moratti-Bertagna a Gelmini, facilitate dalla Renziana "Buona Scuola"  che vanno tutte a confluire nella visione Leghista della scuola del governo attuale. Intanto, molti dei docenti di musica e di immessi in ruolo a seguito del piano straordinario previsto dalla Legge 107/15 è utilizzato come “tappabuchi”. Per non parlare dei cosiddetti "potenziamenti" di musica il più delle volte utilizzati dai dirigenti come addetti alle sostituzioni o surrogati degli insegnanti di sostegno. Poi se vogliamo prendere in considerazione lo status dell'educazione musicale della Materna e della Primaria, abbiamo una situazione, in cui la maggior parte dei docenti non sono in possesso neppure dei requisiti minimi per poter insegnare le basi della disciplina, (che sono abbozzate e banalizzate nelle indicazioni per il curriculo),, dove si va avanti con i contratti a progetto pagati da sponsor, a pacchetti di ore, dove spesso i progetti sono svolti da pseudo-scuole musicali, genitori degli alunni,  e da soggetti privi di basi pedagogico musicali e a volte occasionali saltimbanchi.

Ma tornando alle superiori, la prospettiva disegnata dagli atti normativi sulla secondaria di II grado è tristemente orientata a superare la curricularità dell’insegnamento della musica a favore della opzionalità o dell’appalto a soggetti esterni, ma per ora ciò che è in atto riguarda solamente la cancellazione,

Chi si lamenta della mancanza di capacità attentive dei giovani, dell'enorme successo della Trap, del decadimento delle capacità musicali e dell'interesse per la musica d'arte, della mancanza di spazi ed opportunità per fare musica nella scuola, mediti ne succedersi delle riforme del'istruzione... hai voglia a dare la colpa alla società che cambia, alla globalizzazione, alla crisi dei valori ecc,,

Siamo proprio all'eliminazione della musica, da parte della politica, perché lo studio della musica d'arte, o anche il suo semplice ascolto rende i giovani più intelligenti, più capaci... li rende pensanti, attivi, partecipi, tutte qualità che fanno paura ai politicanti in cerca di facili consensi. Per citare Piovani, la musica è pericolosa, e come tale va eliminata.

06. giugno 2019

JULES MOQUET

 Oggi scriverò di un musicista assai popolare al suo tempo, ma quasi scomparso, dal repertorio della musica colta: Jules Mouquet (10 luglio 1867 - 25 ottobre 1946) Mouquet studiò al Conservatorio di Parigi con Théodore Dubois e Xavier Leroux . Nel 1896 vinse il prestigioso Prix de Rome con la sua cantata Mélusine . Vinse  altri due premi di composizione, il Prix Trémont (1905) e il Prix Chartier (1907). Mouquet divenne professore di armonia al Conservatorio di Parigi nel 1913. Uno dei suoi illustri studenti era Léo-Pol Morin . Le influenze principali di Jules Mouquet furono quelle dei compositori tardoromanici, antiaccademici più tardi definiti  impressionisti, caratteristici di un gusto pronunciato per l'antichità e la Grecia. Questo può essere trovato nei titoli delle sue opere orchestrali come Diane e Endymion o Perseo e Andromeda , e nella sua musica da camera con Danse grecque op.  14 (1907) o Divertissement Greque (per flauto e pianoforte o arpa) e composizioni per pianoforte come  Études antiques.

La sua opera più conosciuta oggi soprattutto dai flautisti, è probabilmente la sua sonata op.  15, La Flute of Pan , composto nel 1906 , per flauto e pianoforte, con una versione per flauto e orchestra. La sua musica da camera comprende anche un settetto per flauto , oboe , due clarinetti , corno e due fagotti , un doppio quintetto di fiati e una Sinfonietta .

Compose anche Le Jugement dernier,, un poema sinfonico e vocale (1898?), scritto per il Prix de Rome La prima rappresentazione pubblica risale al 1903. Il lavoro è scritto per solisti, coro e orchestra. Tra i vari motivi musicali, usa quelli dei primi due versi della sequenza Dies iræ . Moquet sviluppò, tra i primi quel linguaggio originato dalle ceneri del wagnerismo,  che musicisti  intorno all'accademia e antiaccademia  quali Saint Seans, Franck, Lalo, Faurè, Satie, andavano gradualmente distruggendo, ricostruendo una nuova sintassi che culmina in Debussy e Ravel ma anche in tantissimi compositori, troppo presto usciti dai repertori come Jan Cras, Albert Roussel, Pierre-Octave Ferroud, Florent Schmit, che per ragioni anagrafiche, politiche e culturali non sono oggetto di attenzione da parte del mondo musicofili che non riescono a vedere le bellissime pagine, sperimentali e ancora di grande impatto che questi hanno scritto. Ma forse c'è bisogno di uscire dai format dei circuiti artistici che ripropongono all'infinito gli stessi clichés e andare a riscoprire e riconsiderare ciò che di buono la storia della musica ha prodotto anche nel 900.

 

27. gennaio 2019

Jazz antinazista

Mentre sta lentamente finendo la giornata della memoria, vorrei ricordare Glenn Miller: Una biografia scritta da Hunton Downs riporta che dopo il 1942 si era visto consegnare il primo disco d’oro della storia per il brano “Chattanooga Choo Choo”.  Miller oltre al suo impegno di musicista, si era sempre battuto contro i nazisti, ma invece di combattere con le armi, aveva deciso di usare la musica, quella della sua enorme popolarità anche in Germania. Si arruolò nel 1942 nell’aviazione americana, e ottenuto il grado di capitano  nel luglio 1944 era diventato il direttore dell’orchestra militare con il compito di intrattenere le truppe al fronte. Al termine dei suoi concerti radiofonici trasmessi dalla Bbc, il musicista si rivolgeva in un tedesco non perfetto, ma efficace, ai soldati del Führer che stavano combattendo una guerra ormai allo stremo delle forze, invitandoli ad arrendersi. Downs spiega che il musicista “era idolatrato dagli alleati, ma anche dai soldati tedeschi, mentre Himmler temeva che i suoi appelli potessero minare il morale delle truppe”

Fare musica può essere, in alcuni casi, pericoloso. Il libro ci racconta che egli sarebbe morto a Parigi  mentre tentava una missione in cui portava una proposta di armistizio  da parte degli alleati. Questa versione lo vuole rapito, torturato e lasciato quasi cadavere davanti a un bordello di Parigi da parte delle SS, e non caduto sotto un bombardamento del fuoco amico inglese come vuole la versione ufficiale.

Comunque siano andate le cose, rimane la potenza giocosa, entusiastica, vitale,  pacifica e integrante del jazz e dell'improvvisazione, quindi della musica, di cui Miller rappresenta ancora oggi un simbolo. Questa musica ha veramente liberato l'Europa proponendo un modello che integra etnie e culture: quale migliore mezzo all'orrore delle leggi razziali, o alle pulizie etniche e sociali? Il fatto che nel 1945 si aprivano i cancelli di Auschwitz, e probabilmente il Jazz entrava massivamente in Europa, mi fa pensare che  forse l'anno prima era morto il corpo ma non l'anima di Glenn Miller.

Flauto traverso messaggero di nuove

frontiere dell'estetica musicale

 

Il flauto traverso è uno degli strumenti più antichi del mondo, che ha attraversato un'enorme varietà di culture, stili. linguaggi nella storia musicale dell'oriente e dell'occidente e che ancora oggi continua ad essere strumento di forte portata emozionale e campo di ricerca. Nella musica colta occidentale il brano per flauto è diventato un mezzo di ricerca estetica e scientifica. Il brano che fa da spartiacque la tradizione e la nuova estetica delle avanguardie e sicuramente Density 21,5 di Edgar Varese scritto nel gennaio del 1936 per l'inaugurazione del nuovo flauto di platino di Georges Barrère, che lo eseguirà poi il  16 febbraio successivo, un concerto di beneficenza per il liceo francese "Lily Pons" di NY alla Carnegie Hall di New York. Il titolo si riferisce alla densità

del platino , materiale di cui era costruito il flauto di  Georges Barrère, il cui peso specifico è appunto 21,45 g/cm.

Il brano rappresenta un grandissimo avanzamento estetico nella musica del periodo e avrà un'influenza enorme sulla musica d'avanguardia il dopoguerra. Esso in accordo con le teorie estetiche del grande scienziato-musicista amplia il vocabolario delle sonorità flautisti del tempo sondando l'idea di campo sonoro che si esplica nei registri estremi introducendo il rumore nello specifico I colpi di chiave nell'ampliamento timbrico dello strumento,  ("Il nostro alfabeto musicale è scarso e illogico. La Musica, che dovrebbe pulsare di vita, ha bisogno di nuovi mezzi di espressione, e solo la scienza può infonderle un nuovo vigore.")

In vita  Edgar Varese approvò due esecuzioni di questo brano: quella di René Le Roy  e quella di Severino Gazzelloni, definendo altre esecuzioni in modo feroce: “Flautist falliti e asmatici... Density eseguita in modo da far vomitare un bidone della spazzatura. Forse il flautista soffriva di emorroidi orali "

da allora. dal dopoguerra in poi il flauto sarà una palestra di effettistica per I compositori d'avanguardia. soprattutto per la grande spinta che la cosiddetta "Gazzelloni music" darà al repertorio: "a Severì" è la dedica della Ia Sequenza di Luciano Berio per flauto solo del 1958, brano fantasioso ed irriverente a cui oltre ai rumori delle chiavi, si aggiunge l'uso massivo delle sonorità sforzate, il frullato “flatterzfunge” , i suoni armonici e multipli. Tutta la musica d'avanguardia del dopoguerra e la scuola di Darmstad trova in un interprete come Severino Gazzelloni una dimensione privilegiata, che associa al flauto sperimentazioni che vanno dal rapporto con l'elettronica (iniziato con la "Musica su due dimensioni" di Bruno Maderna) . alle ricerche microtonali del Giapponese Kazuo Fukushima con Mei (1962), ai suoni soffiati nelle libertà rigorose di Goffrredo Petrassi in Souffle (1969), alle ricerche sull'alea e sull'improvvisazione di Giorgio Gaslini in Chorus (1965). Gli anni '70 vedono l'avvento di una nuova complessità che introduce nuova effettistica soprattutto grazie a lavori come Cassandra Dream Song(1970) e Unity Capsule (1973) di Brian Ferneyough e il pulsare delle complesse filiformi costruzioni di Nidi (1979) per ottavino solo di Franco Donatoni, o agli armonici sibilanti e i fischi di All'aure in una lontananza di Salvatore Sciarrino (1977). La tecnica flautistica giunge a livelli di virtuosismo mai raggiunti prima, anche ad opera di virtuosi come Pierre Yves Artaud e Roberto Fabbriciani che si specializzano nel repertorio, lavorando a stretto contatto con i compositori; negli stessi anni nel versante del jazz e dell'improvvisazione i lavori soprattutto in solo di James Newton coniugano le esperienze della musica colta con quella improvvisata Gli anni '80 iniziano con un altro lavoro che segna un orizzonte estetico dell'integrazione uomo-macchina il Vermont Counterpoiint di Steve Reich (1982) per flauto e ensemble di 11 flauti preregistrati, capolavoro di architettura compositiva polifonica, che inaugura tutta una serie di lavori più easy, per il grande pubblico,ma non di minore impegno musicale,passando per la coeva elegante scrittura di Frank William Becker,con  Stonehenge per flauto e base preregistrata di Sintetizzatori e percussioni, all'Arabesque in Memoriam di Philip Glass (1988) Per Flauto solo. Dagli anni '90 al nuovo millennio il postmodernismo postminimalista si muove su queste linee, espandendo ancora tecniche e supporti ad esempio la massacrante Thorn di David Lang (1993), Radiant music di Nico Muhly (2002) per flauto e elettronica preregistrata o In the garden of love (2006)di Jacob TV (Ter Veldhuis) per flauto e Audio-Videotrack. Importante è il lavoro svolto sui multifonici, sulle tecniche della respirazione circolare, da Afterlight (1979) a "Sliding Life Blues" (2015) e sul t" di Robert Dick inventore della nuova"glissando headjoint, virtuoso compositore e improvvisatore che rappresenta un nuovo modello di musicista d'oggi.

Ma anche esperienze alternative come il Flute Beatbox di Greg Pattillo (2011), o la composizione di Eli Fieldsteel, Fractus III (2011) for Flute and SuperCollider di  danno lo spettro della vitalità che pervade la ricerca  intorno al flautoin rapporto al processamento  e al suono virtuale.

Anche io da musicista, flautista scribacchino quale sono,. mi sono dedicato al rapporto tra il mio modo tradizionale di sentire e suonare musica e l'elettronica, tra suono reale e suono virtuale.

I miei lavorii Flaut-Azioni per flauto e elettronica (2107) e Materia Prima (2108) (su una frase di Luigi Fabbri) sono stati entrambi eseguiti e utilizzati nello Spettacolo Anarcord (2018) di Lorenzo Allegrini con la regia di Mauro Allegrini. (per chi è interessato le partiture e l'audio sono disponibili nella sezione "partiture" di questo sito, le basi audio sono richiedibili presso agomusic@gmail.com.) Li eseguirò assieme ad alcuni dei lavori che ho citato sopra, in un mio prossimo concerto con ospiti, in cui vorrei approfondire il rapporto del flauto solo con la danza, con l'immagine, con il cinema con la recitazione....Il flauto continua ancora oggi a essere messaggero di novità artistiche e scientifiche, segnando nuove frontiere nella concezione estetica e riuscendo, secondo me, a cogliere quel soffio di vita universale che ci circonda e ci permea di cui dobbiamo ancora prendere pienamente coscienza.

22. gennaio 2019

Diapason tra teorie dell'accordatura e moderne credenze taumaturgiche

 Fin dall'antica teoria musicale greca il concetto di diapason è strettamente collegato all'idea del temperamento e quindi alla divisione e alla accordatura della scala. Per gli antichi greci il termine diapason indicava quello che oggi è definito intervallo di ottava, ossia l'intervallo compreso tra una nota e un'altra di frequenza doppia. Nell'antichità fino all'invenzione del concetto di nota, fino al medioevo e oltre, I suoni avevano un valore diastematico relativo e logicamente non c'erano delle intonazioni assolute: è per questo che si preferivano strumenti a corde per accompagnare I canti. Ma quando alla fine dell'età comunale rientrò nella liturgia l'organo ( anticamente l' Organon Hydraulos era uno strumento per definizione anticristiano usato nelle arene e nei circhi romani) si rese necessario accordare questi strumenti secondo un'intonazione fissa. Ma rientrarono gradualmente in tutto l'umanesimo anche quegli strumenti inclusi ufficiosamente ma non ufficialmente dalla Chiesa, tanto da rendersi necessaria una bolla papale la licet ex debito di Sisto IV del 1480 dove si revocava la scomunica a tutti I suonatori di strumento che ufficialmente non potevano entrare nelle chiese. La storia degli organi rinascimentali e dei consort di strumenti a fiato ci raccontano la tendenza dell'accordatura e del diapason. Prima del celebre congresso di londra del 1953 dove senza non poche proteste sì stabiliva il diapason a 440 hertz, la storia della frequenza usata come riferimento passa da frequenze che vanno da 328 hertz (oltre un tono sotto al diapason attuale) fino a 430 hz per tutto il periodo rinascimentale e Barocco, con episodici e topici innalzamenti, a mio giudizio tutti teorici od occasionali come il Chorton (465 Hz), Kirchenton (da 470 a 490 Hz), Cornetton (490 Hz e più). In realtà chi sostiene l’esistenza nella Venezia cinque-seicentesca del diapason di 460 Hz non tiene conto che gli strumenti a fiato conservati a Venezia di quel periodo si presentano con un diapason che vanno dai 392 ai 430 Hz come dimostrano gli studi e le misurazioni di Filadelfo Puglisi ed altri a tal proposito.

Tutto il periodo barocco vede un graduale innalzamento del diapason; nel periodo classico, soprattutto nelle sale da concerti, si assistette a concerti con diapason “sperimentali” allo scopo di ricercare un tono sempre più brillante.

Per tutto l’ottocento romantico, osserviamo progressivi innalzamenti del diapason,che coincidono con l’effettivo passaggio al temperamento equabile e la produzione in scala industriale degli strumenti musicali.

La celebre catalogazione-misurazione dei diapason  che fece in varie città europee Il matematico e musicologo Alexander Ellis nel 1880 

ci dimostra l’occasionalità e  l’uso alla moda, delle accordature più alte, ma la misurazione degli strumenti a fiato per tutto l’800 ascrivono generalmente ancora il diapason intorno  ai 435-438 Hz

Celebre furono le posizioni ministeriali alla fine dell’800 della Francia(435 Hz) o dell’Italia con decreto per normalizzare  il diapason a 432 Hz.

Dopo il congresso del 1953 con la risoluzione europea numero 71 del 30 giugno 1971 si ufficializza il 440 Hz.

 Al giorno d’oggi qualcuno con cialtronesca pseudo-scientificità sostiene il potere curativo del 432 Hz, senza un documentato apparente motivo.

In realtà, credo che il diapason nella storia rappresenti un po’ la cartina al tornasole delle tendenze sonore del proprio tempo. Aumentando il numero degli ascoltatori i volumi e le pressioni sonore si è reso necessario, attraverso le epoche, innalzare  anche le frequenze.

Ogni musica ha il suo diapason e suonando o ascoltando  musica su strumenti originali o copie di strumenti storici si può apprezzare pienamente il potere “Armonico” delle accordature pre-440, la loro varietà e la loro bellezza.

La musica attuale tutta presa nell'integrazione di suono "naturale" e suono "sintetico" o sulla ricerca di algoritmi e microtoni su strumenti tarati sul temperamento equabile sembra invece quasi ignorare le possibilità offerte dai temperamenti precedenti a Werckmeister e cioè l’accordatura degli strumenti a corde in maniere differenti dal temperamento equabile. Sono pochi i musicisti che ho ascoltato che hanno considerato questa via.

Posso testimoniare che l’ascolto dal vivo di Terry Riley con il suo piano accordato con un temperamento “naturale”, forse un po’ più basso di 440 Hz, ha avuto realmente, su di me, un potere taumaturgico: è stata per me musica curativa da molti dei miei pregiudizi, e dall'inerzia della presunzione di verità che ognuno fa delle proprie abitudini e esperienze d'ascolto, un'intonazione che si lascia scoprire, attraverso la risonanza e l’improvvisazione, con l'azione diretta dell'uomo, che riaccordano l’ascolto verso quell’organismo vivente e universale che è la Musica.

 

 

19 gennaio 2019

San Francesco Musicista?

 

Più di una volta mi sono chiesto quali fossero le effettive conoscenze musicali di San Francesco visto che I suoi scritti più importanti sono dei cantici delle laudi destinate ad essere cantate Stando a quanto ci ricordano le varie agiografie del santo, Francesco cantava con voce che Tommaso da Celano definisce “robusta, dolce, chiara e sonora.”. Essendo figlio di una provenzale sicuramente potrebbe aver appreso l'arte e la passione per il canto dalla madre Pica; c'è da ricordare che pochi anni prima di Francesco,

Gautier de Coincy faceva cantare i suoi Miracles de Notre Dame in accordo con tutta tutta la tradizione trobadorica. Da quanto raccontano i biografi, Francesco, già in giovane età se ne andava per le vie di Assisi “a cantare alla francesca”, probabilmente è da intendersi al modo dei francesi. Inventore della lauda, Francesco offre una visione della musica consolatoria, legata alla dolcezza e al benessere: è celebre il fatto che fece imparare aI suoi frati il cantico di frate sole, del quale compose anche la musica, della quale oggi non abbiamo traccia. La medesima cosa fu fatta anche per il cantico Audite Poverelle in cui, secondo la biografia Francesco si raccomandò ai frati di portarla cantando, così da lenire le sofferenze delle sorelle inferme.Un aneddoto racconta che si  costruì con mezzi di fortuna una sorta di viella, con un pezzo di legno e un filo teso che sfregava con un rudimentale archetto accompagnando le sue lodi, usando la lingua “gallica” .

La musica in Francesco è sempre presente e aiuta a ravvivare la gioia della vita anche quando essa è minacciata o compromessa:

Poco prima di Caprignone, o poco dopo Valfabbrica gli venne sbarrata la strada. Alla domanda su chi fosse, Francesco rispose: "Sono l'araldo del Gran Re; vi interessa questo?". I briganti lo percossero e lo gettarono in una fossa piena di neve, dicendo: "Stattene lì, zotico araldo di Dio!". Ma Francesco, appena i briganti furono spariti, balzò fuori dalla fossa e, tutto contento, riprese a cantare a gran voce, tessendo le lodi del Creatore di tutte le cose.

La musica è via di Pace, di Armonia, di riparazione e cura quindi di equilibrio, tanto da portare ricchezza nella povertà. E allora mi piace pensare che la musica è sulla via di Francesco, una via che conduce a l’inizio e al fine di tutte le cose.

 

Improvvisare sulle Voci Bianche

In linea con il concetto greco di παιδεία, nella storia, il coro delle voci bianche, ha attraversato i  secoli assolvendo vari ruoli: dalla semplice esecuzione dei canti rituali,oltre quelli infantili, per approdare ad essere il primo passo dell'educazione, non solo musicale, dalle civiltà primitive al '900. 

.Il coro delle voci bianche è tutt'oggi un importante mezzo per l'educazione alla vocalità e alla musica in genere, offrendo la possibilità di impostare la voce gradualmente attraverso la lettura e il canto di un testo, di migliorare la percezione sensoriale, affettiva, emotiva ed interpretativa, di perfezionare la coordinazione motoria laterale e bilaterale, di aumentare i tempi di attenzione, di concentrazione e la memoria.(Wikipedia).

Questa realtà è sentita soprattutto nei paesi del nord europa e di area anglosassone, nei quali grandi compositori, nel '900, ad esempio Britten o Holst, hanno scritto notevoli lavori per i cori di voci bianche.

Non sono rari i casi in cui l'improvvisazione e il jazz hanno fatto uso di questa formazione, e anche molti artisti contemporanei di  area extra-colta hanno utilizzato i Pueri Cantores in diverse incisioni e concerti; ne vorrei ricordare due di grande spessore spirituale e artistico che sfidano ogni categorizzazione: in entrambe convivono improvvisazione e scrittura e le voci dei bambini sono motivo di ispirazione verso la terra e il cielo: la prima è Earth Song di Paul Horn,  dall'album "Traveler" in cui l'improvvisazione orna e viaggia  intorno al luminoso ritornello a due voci in una lingua arcaica. Sullo sfondo delle tablas e dei suoni elettronici la song emana un'armonia danzante e naturale che giustifica il titolo. Questo brano opera una fusione, per così dire, chimica di elementi indiani e altri occidentali, e  nella sua iterativa semplicità, costituisce, per me, un ponte tra la musica dell'oriente e quella dell'occidente. La seconda è We are the stars, di Jan Garbarek, nella prima versione nel disco "Rites" del 1994 (La seconda è con l'Hillard Ensemble nel disco Officium Novum); si tratta di un brano dal carattere contemplativo

Il Testo:

We are the stars. For we sing.

For we sing with our light.

For we are birds made of fire.

For we spread our wings over the sky.

Our light is a voice.

We cut a road for the soul

for its journey through death.

For we face the hills with disdain.

This is the song of the stars

 

Anche in questo caso l'alchimia  si compie attraverso la purezza e l'intensità delle voci del Boy's Choir "Solvguttene", sugli sfondi dei suoni sintetici e il suono intenso e penetrante del Sax Soprano di Garbarek. in un pezzo di rara bellezza poetica.

E ancora una volta intuizione, libertà e disciplina si compenetrano in una realtà armonica superiore, che è propria della musica.

Musica, maestro

Amo la musica e oggi, nel giorno in cui la cristianità celebra la santa patrona dei musicisti, vorrei esprimere questo pensiero: nonostante a volte mi chiamino “Maestro” penso che nella musica non ci sono allievi e maestri, ma solo amici che condividono il cammino, con  altri, verso la bellezza della musica. E ogni strada é valida per fare musica, purché guidata dalla passione, dall’amore , dallo stupore e dal divertimento ogni volta che ci si accinge a farlo… e secondo me, non c'è titolo o diploma che attesti l'essere una guida musicale per gli altri, c’è solo l'energia che scaturisce dal gesto nel momento in cui si scrive, si canta, si suona, si danza . In quel gesto è racchiuso il segreto della vita, che si mostra tanto lucente quanto inafferrabile. Tanto sarà quel gesto più intenso, espressivo, gratuito,e rivolto verso tutti e tutto,  tanto più gli altri vedranno come maestro chi lo compie.E ognuno può essere di volta in volta, maestro e allievo: Il fare musica celebra la vita che si compie nell’attimo, e nell’istante che svela la bellezza terribile e sublime della realtà infinita cui facciamo parte che , a volte, intuiamo senza capire.

Io spero solo che il mio vivere la musica e il vivere la musica di tutti sia ricco di di questi attimi.